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La mia proposta di sistema elettorale

Proposta di un sistema elettorale con piccoli collegi plurinominali. 

La mia proposta è un sistema che funziona sia con liste, sia senza. La  caratteristica di base è una suddivisione dell’elettorato in un certo numero di piccoli collegi omogenei, idealmente da tre a cinque seggi ciascuno, e un’assegnazione definitiva dei seggi all’interno dei collegi, senza correzioni nazionali. Il fattore determinante del sistema è il numero ristretto di seggi per collegio. Per semplicità chiamiamo questo numero m. I candidati si possono presentare in un solo collegio individualmente o associando il loro nome a una sigla di lista (o di partito). In ogni caso gli elettori esprimono solo preferenze individuali. Per la determinazione del risultato le tre varianti del sistema tengono conto in modo più o meno rigido della scelta di associazione fra candidati.

  1. Sistema di lista. Il primo modello che permette candidature individuali e di lista e prevede un unico voto obbligatoriamente individuale, sembra individuale, ma è in realtà prevalentemente di lista e riguarda i candidati solo subordinatamente. Nessuna lista può presentare in un determinato collegio un numero di candidati superiore al numero (m) dei seggi da assegnare. L’elettore esprime una sola preferenza individuale che il sistema conta prima come voto di lista per determinare il numero di seggi che spettano a tale lista, e poi come voto individuale per determinare l’ordine di elezione dei singoli candidati. Per la ripartizione proporzionale dei seggi fra le liste all’interno del collegio conviene scegliere  la formula d’Hondt che premia giustamente le liste più votate, mentre per l’assegnazione individuale all’interno delle liste vale la regola della maggioranza relativa: è eletto chi ha ottenuto una sola preferenza più di qualsiasi altro candidato della stessa lista. Questo sistema è in vigore dal 1955 in Finlandia, dove i collegi sono tuttavia disomogenei e alcuni di loro molto grandi.
  2. Sistema di voto ordinale. Con una prima variante di sistema puramente individuale senza liste gli elettori esprimono delle preferenze subordinate per un numero di candidati non superiore a quello dei seggi da assegnare (m). Si presume che la seconda preferenza vada a un candidato che ha scelto di presentarsi  con la stessa sigla politica, ma in ultima analisi sono gli elettori che liberamente stabiliscono attraverso le loro preferenze ordinali il nesso di relativa solidarietà fra candidati. Per essere eletto un candidato deve ottenere un numero di preferenze equivalente alla maggioranza assoluta, ossia il numero totale dei voti validi diviso il numero dei seggi più uno, più un voto. Questa definizione della maggioranza assoluta vale anche per collegi uninominali. Se alcun candidato raggiunge tale cifra, si elimina il candidato meno votato assegnando le sue seconde preferenze ai candidati rimasti in lizza, e così via fino all’assegnazione di tutti i seggi disponibili. Quando un candidato raggiunge la cifra necessaria (della maggioranza assoluta) e risulta eletto, le sue preferenze che superano tale cifra sono riassegnate ai candidati votati in subordine. Un logaritmo permette di riassegnare la quota non utilizzata di schede di un candidato eletto agli altri candidati proporzionalmente a tutte le schede di questo candidato e non in base a quelle casualmente non ancora contate. Questo sistema è da quasi 100 anni in vigore nella Repubblica d’Irlanda. Rispetto al sistema di lista con una sola preferenza bivalente questo modello rinforza il potere degli elettori e obbliga ancora di più i partiti a selezionare candidati che siano graditi non solo dai loro elettori fedeli ma eventualmente anche votati come seconda scelta da elettori di schieramenti concorrenti.
  3. Sistema a doppio turno. Con questa soluzione si vota in due turni, il primo di preselezione di un numero fisso di candidati, il secondo di elezione dei deputati. Al primo turno chiunque si può presentare (preferibilmente, ma non necessariamente in un solo collegio), indicando eventualmente una sigla di appartenenza partitica. Ogni elettore dispone di un numero di voti (non cumulabili sullo stesso candidato) pari al numero dei seggi. Passano al secondo turno fra i candidati più votati un numero pari a 3 volte il numero  dei seggi. I partiti hanno interesse a presentare un numero di candidati uguale a quello dei seggi e gli elettori possono eventualmente tenerne conto votando tutti i candidati associati. Al secondo turno l’elettore sceglie (fra il numero fisso di candidati, cioè tre volte il numero dei seggi) un numero di candidati preferiti pari al numero dei seggi e un uguale numero di candidati meno preferiti, scartando quindi implicitamente l’ultimo terzo di candidati come non graditi. Saranno eletti i candidati che ottengono o la maggioranza assoluta delle prime preferenze o la maggioranza relativa delle prime e seconde preferenze. La modalità più selettiva di questo sistema prevede che schede incomplete sono nulle. Con questo metodo stravinceranno candidati mediani, ossia quelli che gli elettori escludono meno, mentre perdono i candidati anche dello schieramento relativamente più importante che però sono rifiutati dalla maggioranza degli altri elettori. Interi schieramenti di candidati alleati possono aggiudicarsi attraverso la maggioranza assoluta dei voti la totalità dei seggi di un collegio. L’alto numero di collegi garantisce comunque un’effettiva competizione fra programmi e uomini e un realativo pluralismo nel risultato. La modalità meno selettiva di questo modello che permette schede incomplete al secondo turno incita gli elettori a votare utile, cioè a non esprimere la seconda preferenza, e favorisce quindi un sistema bipolare a scapito di soluzioni mediane. Questo sistema è stato proposto nel 1793 da Condorcet per le elezioni a suffragio universale maschile della prima Repubblica francese, mai celebrate a causa della deriva tirannica del governo rivoluzionario.

Questi tre sistemi danno risultati similari, moderatamente proporzionale perché la ripartizione (individuale o di lista) dei seggi è comunque limitata al collegio e il numero di seggi per collegio è tenuto intenzionalmente basso, o almeno relativamente pluralistico per merito dell’alto numero di collegi. Con tre, quattro o cinque seggi per collegio la soglia (quota del totale di voti validi) necessaria per un individuo di essere eletto o una lista di essere rappresentata può essere stimata a circa 16, 20 e 24%, a seconda del numero di seggi e della relativa dispersione dei voti su individui o liste meno votati. Il sistema di lista è produce i risultati più proporzionali; l’elemento non proporzionale non è tanto l’assenza di correzione nazionale quanto l’elevato soglia di esclusione. Il sistema di Condorcet possiede invece la leva maggioritaria più forte: se la maggioranza assoluta degli elettori in un collegio vota per gli stessi candidati (alleati politicamente), questi sono eletti tutti insieme a scapito degli altri candidati (i loro avversari politici).

 

ABSTRACT: La logica del voto per liste

Il voto di lista limita i diritti elettorali dei cittadini

Ragioni di natura logica e politica spingono a evidenziare il criterio del beneficiario primari dei seggi, liste invece di candidati, come una delle variabili più importanti dei sistemi elettorali.

Il sistema di ripartizione pro quota fra liste è l’unico che garantisca una perfetta proporzionalità, ma tende a ridurre i diritti politici dei cittadini. Le caratteristiche salienti del sistema proporzionale sono l’obbligo di lista, un processo di voto duplice e la prevalenza del voto di lista su quello individuale. Le varianti del sistema possono essere classificate in funzione del livello di libertà di accesso alla competizione e di libertà di scelta lasciate ai cittadini. Il livello di libertà elettorale lasciata ai cittadini dipende dalla natura della lista, neutra, ordinata o bloccata, e dalla struttura del voto, plurale o singolo. Pochi sistemi proporzionali esistenti lasciano la scelta dei rappresentanti interamente agli elettori.

I diritti dei cittadini di uguale acceso alle cariche elettive e di libera scelta dei rappresentanti sono protetti, in termini similari, dalle costituzioni dei principali paesi democratici, in particolare dalla costituzione francese del 1958, da quella italiana del 1947 e da quella tedesca del 1949.

Il sistema proporzionale di lista si fonda su una petizione di principio secondo cui i partiti beneficerebbero di un diritto alla rappresentazione proporzionale in parlamento, non previsto dalle costituzioni classiche e in conflitto con i diritti fondamentali espressamente garantiti. Adottato in numerosi paesi con legge ordinaria, il sistema abbinato a liste obbligatorie e prestabilite, rigide o bloccate, implica un trasferimento di potere extra-costituzionale, deciso dal parlamento in pieno conflitto d’interesse, dai cittadini, elettori e candidati, ai partiti preposti al coordinamento delle liste. Il trasferimento di potere deciso unilateralmente dal rappresentante corrisponde a un tipico caso di abuso di potere individuato e denunciato dagli autori classici, ma non sanzionato dalla giustizia costituzionale. Con premi di maggioranza e soglie di sbarramento i sistemi proporzionali violano il principio sul quale si fondano.

L’unico sistema proporzionale di lista che rispetti le libertà elettorali dei cittadini è quello di lista neutra e a voto singolo o, se a voto plurale, con possibilità di cumulo illimitato sullo stesso candidato.

Il pregiudizio della rappresentazione proporzionale a tutti i costi ha fatto dimenticare pregi e potenzialità dei sistemi di voto individuale.